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Il Kung Fu per combattere la depressione

La depressione e la pratica del Kung Fu sembrano non avere nulla in comune; parole con significati completamente differenti che fanno riferimento ad universi semantici opposti. Dalla parte della depressione c’è il mondo privato e personale della salute mentale, dall’altra quello pubblico e corale di una lezione di Kung Fu. Possono convivere? E, addirittura, possiamo considerare il Kung Fu complementare e funzionale alla cura della depressione?

Riflettere sul modo in cui l’allenamento e la pratica in particolare del Kung Fu possano avere un effetto positivo sulla depressione è anche un’occasione per allargare l’orizzonte sulla necessità di porsi sul confine tra mente, cervello e corpo. È la nostra quotidiana esperienza che ci mostra come non sia possibile porre attenzione su una dimensione, quella mentale, senza farsi carico dell’altra, fisica.

Corpo e mente, ma anche esercizio e depressione, autostima e depressione, comunità e depressione, sono i binari su cui la pratica del Kung Fu e l’esperienza della depressione possono e devono confrontarsi, mettersi in fertile dialogo.

Se da un lato la depressione porta con se senso di solitudine e difficoltà ad esprimere agli altri le sensazioni che emergono da un confronto con se stessi, con il mondo che è dentro la propria testa, di contro il Kung Fu è continuo confronto con se stessi e con gli altri. Chi si allena lo fa duramente, fianco a fianco con l’altro, cercando di sostenere la pressione fisica e mentale necessaria per raggiungere nuovi obiettivi, ogni volta un po’ più ambiziosi della volta precedente.

Sull’argomento diamo la parola a Carmine Pariante, dell’Institute of Psychiatry, Psychology and Neuroscience, a partire dalla sua esperienza di psichiatra e praticante di Kung Fu, e al suo maestro di Kung Fu Joshua Villar.

L’esercizio fisico fa bene alla depressione. Come medico e scienziato Pariante parte dal presupposto che la letteratura pulluli di numeri e dati che dimostrano l’effetto positivo dell’esercizio fisico (in particolare aerobico, ma anche di resistenza) sulla depressione. L’esercizio fisico sembra capace di “smorzare” l’iperattività del sistema immunitario, frequente nei pazienti depressi, che contribuisce ad abbassare, e a mantenerlo basso, l’umore. Ma non solo. Muoversi ha un effetto positivo sul peso riducendolo e sui lipidi, nel sangue e nel corpo, oltre ad apportare una sensazione di benessere e quindi di sollievo dell’umore. Con il Kung Fu è diverso: non è solo un fatto meccanico di sudore ed endorfine. Il Kung Fu è uno sport che coinvolge la persona nella sua complessità, ha a che vedere con la resistenza, l’attività aerobica e anaerobica, la flessibilità, l’equilibrio e la forza fisica e mentale.

Oltre all’impatto positivo sull’umore, il Kung Fu è una “schicchera” all’autostima. Secondo Joshua Villar, l’insegnate di Pariante, allenarsi con serietà e costanza – tenere alta la testa, raddrizzare le spalle, stare dritto in piedi, camminare saldamente, tenere lo sguardo – ha un impatto così significativo sul movimento e sulla postura, da migliorare la propria autostima. Anche perché è un risultato che rompe la monotonia di giornate spesso ripetitive. “Il Kung Fu ti dà la capacità di stare in una stanza sicuro di te e di accettarti”, aggiunge Pariante. “Il Kung Fu non ti dà nessuna possibilità di nascondere qualcosa a te stesso, ma è un’opportunità per accettarti”. Ti dà la forza mentale per affrontare i momenti difficili.

Infine, c’è la dimensione della comunità, che si oppone all’isolamento verso il quale la depressione tende spingerti. La pratica del Kung Fu ha a che fare con lo stare fianco a fianco, il faticare insieme, il condividere risultati e sconfitte, gioie e dolori, e questo abbattendo ogni confine sociale, ovvero al di là della propria appartenenza, di chi siamo, da dove veniamo, che giornata abbiamo avuto. Nella pratica del Kung Fu si costruisce un orizzonte comune di appartenenza e di fratellanza.

Sicuramente non è la cura per la depressione, ma vale la pena provare. È un’eccellente soluzione complessa capace di muoversi sul confine tra mente, corpo e spiritualità.

 

A cura di Norina Wendy Di Blasio

 

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