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Il futuro della Psichiatria

Il futuro della Psichiatria, anche di questo si parlerà al prossimo XXII Congresso della SOPSI, che si terrà a Roma dal 21 al 24 febbraio 2018, incentrando la riflessione attorno alle tre parole chiave: connessioni, culture e conflitti. Nell’attesa guardiamo ai lavori della WPA-Lancet Psychiatry Commission on the future of Psychiatry.

La WPA-Lancet Psychiatry Commission on the future of Psychiatry è uno strumento per riflettere sui temi prioritari per la psichiatria del 21 secolo e porre l’accento sulle aree di centrale importanza per assicurare il miglior futuro possibile per milioni di persone nel mondo che affrontano ogni giorno problemi di salute mentale.

In un mondo sempre più complesso e interconnesso è alla psichiatria, più che alle altre discipline, che spetta il compito di affrontare i cambiamenti e le sfide che il 21 secolo pone. È tempo per la psichiatria di capire la strada fatta fin qui e dove si trova adesso, per poi cercare di immaginare il suo futuro e decidere in che direzione andare: cosa resta da scoprire nei prossimi anni? Chi saranno i pazienti? In che modo questi potranno essere curati e chi pagherà le cure? In che modo cambierà la relazione tra psichiatra e società? In che modo il patto con la società riguarda le leggi per la tutela della salute mentale? Come affrontare la sfida del digitale? Su quali basi formare i futuri psichiatri? Come affrontare le sfide che la psichiatria transculturale pone? Prova a rispondere a queste domande la squadra di professionisti, ricercatori e pazienti della Commission on the future of psychiatry, nata dalla sinergia tra la World Psychiatric Association (WPA) e The Lancet Psychiatry.

Si legge sulle pagine di Lancet Psychiatry, come oggi più che mai gli psichiatri devono essere capaci di mettersi in costante ascolto e dialogo con la società, ma non solo, devono “lavorare con i decisori politici e con i pazienti affinché chi soffre di un disturbo che riguarda la sfera mentale abbia le stesse opportunità indipendentemente dal luogo in cui vive” e dalle sue possibilità. In questa chiave anche formare un giovane psichiatra assume un altro significato, vuole dire abituarlo alla complessità del suo ruolo per fare in modo che sia capace di erogare le cure tenendo conto della componente biologica, psicologica, sociale e spirituale della persona che ha di fronte. Lo scopo ultimo della disciplina psichiatrica, alla base del suo patto in continua negoziazione con la società, è quello di erogare servizi di salute mentale che siano emotivamente accessibili, non-stigmatizzanti e in grado di soddisfare i bisogni di salute degli individui più vulnerabili, in ogni luogo del mondo.

È un patto tacito, questo tra psichiatria e società, che oggi poggia su presupposti impliciti che devono essere esplicitati e resi più trasparenti, fondati su aspettative reciproche. È un patto che deve essere tradotto in pratica anche sulla base di finanziamenti adeguati e facilitati dalla società tutta. In questo scenario allo psichiatra spetta un ruolo delicato quello di instaurare un rapporto non solo con la società, ma anche con i decisori politici, gli operatori socio-sanitari in generale, i pazienti e le loro famiglie, i mass media e i politici.

Secondo Dinesh Bhugra, raccontato nell’articolo di Dara Mohammadi, il punto centrale è capire a che punto è la psichiatria e come deve prepararsi ad accogliere le sfide che il futuro pone tenendo conto di molti cambiamenti che investono contesti diversi: dal progresso tecnologico ai cambiamenti in atto nella società fino al progresso della ricerca scientifica. La vera sfida per gli psichiatri è lavorare con il paziente e i suoi famigliari per cercare di capire le loro aspettative, riuscire a tenere conto di tutti questi fattori e includerli nella pratica clinica di tutti i giorni erogando servizi adeguati.  La relazione terapeutica, dunque, resta centrale e per basarla su fondamenta adeguate è necessario che lo psichiatra acquisisca le necessarie competenze di comunicazione insieme ad una maggiore consapevolezza culturale per affrontare i cambiamenti demografici: nella relazione individuale con il paziente non basta contenere e curare farmacologicamente, è necessario mantenere quello che Bhurga chiama lo “human contact”.

Nella relazione con la società, lo psichiatra deve tenere conto di quanto radicata sia la disciplina in essa. Gli psichiatri non sono solo medici ma, soprattutto, parte della società in cui lavorano e hanno il dovere di farsi portavoce dei diritti dei pazienti e delle loro famiglie. La psichiatria risiede nella società e per questo è necessario che sia lo psichiatra a dare il suo contributo nel creare consapevolezza: “empower everyone in the community to be aware of mental health hillness”. La psichiatria deve, inoltre, continuamente rinegoziare i parametri con cui si relaziona alla società sia su un piano sociale sia su quello legislativo. Le leggi che riguardano la salute mentale non possono non tenere conto di come evolvono le evidenze dalla ricerca scientifica e i diritti del singolo.

L’influenza delle culture di appartenenza è altrettanto centrale. Facendo tesoro dell’esperienza di Bhugra, migrante prima che psichiatra, sappiamo che la cultura interviene anche nella relazione medico-paziente. Essa, spiega Norman Sartorius, “interviene nel modo in cui abbiamo esperienza del mondo e parliamo di esso, nel modo in cui concettualizziamo la salute e la malattia”. Tutti abbiamo una cultura e tutti contribuiamo a definirla almeno tanto quanto essa contribuisce continuamente a definire noi: è un mantra che deve accompagnare qualsiasi riflessione sulla relazione medico-paziente in una società in cui i flussi migratori hanno un ruolo sostanziale. Un’istanza che getta una luce nuova sulla necessità, sottolineata anche da Sartorius, di avere accesso a letteratura sulla salute mentale non solo in lingua inglese: un passaggio necessario per avere modelli, paradigmi e griglie interpretative di riferimento per capire i migranti.

Come si pongono i sistemi sanitari internazionali di fronte alla grande sfida della salute dei migranti?  Siamo in grado di dare a infermieri e operatori sanitari nell’ambito della salute mentale strumenti nuovi? Che ruolo ha oggi la psichiatra transculturale? Sono domande alle quali ha risposto anche Jaswant Guzder (psichiatra presso la McGill University di Montréal), nell’intervista al centro della sesta puntata della serie #1C1Y [one congress one year] | SOPSI 2017 dedicata al tema della Psichiatria transculturale.

Secondo Jaswant Guzder, per accogliere la sfida è importante integrare gli strumenti classici come il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) con quelli che provengono dai movimenti che si occupano di salute globale, ovvero è importare guardare a chi quotidianamente si occupa di gruppi di popolazione che non hanno accesso ai servizi di salute mentale per via dello stigma, della mancanza di mediatori culturali e di interpreti. Le barriere che i migranti incontrano nell’accesso ai servizi di salute mentale sono altre da quelle a cui siamo abituati e dobbiamo saperle comprendere.

“Non parliamo più di una dimensione esotica, dal sapore antropologico, della riflessione psichiatrica, ma siamo in un orizzonte culturale in cui è centrale l’obiettivo dell’integrazione e dell’ibridazione delle culture”, ha aggiunto la Guzder.  Limitarsi a pensare che il concetto di salute, di benessere o di malessere dipendano solo da fattori biologici o dai farmaci a disposizione significa perdere l’opportunità di pensare ai gruppi e alle collettività come capaci di costruire autonomamente strategie di salute. È importante provare a guardare i migranti nel processo di ibridazione di culture e fare i conti con l’ostilità con cui l’occidente reagisce, evocando identità nazionali.

In questa prospettiva, la sfida che ci pone la psichiatria transculturale della salute dei migranti assume una centralità nuova. A guardare le cose da questo punto di vista, che è quello al centro del libro Alle frontiere della 180 di Bruno Davide, è possibile trovare proprio nella presa in carico dei pazienti migranti anche degli stimoli nuovi per ripensare in modo più esteso all’assistenza psichiatrica in Italia.

A cura di Norina Wendy Di Blasio

 

Fonte

 

  1. 1C1Y – SOPSI 2017 | PUNTATA 6 | PSICHIATRIA TRANSCULTURALE Intervista a Jaswant Guzder (McGill University, Montréal) https://www.youtube.com/watch?v=KQJr2lU0HBI
  2. Dinesh Bhugra, Allan Tasman, Soumitra Pathare, et al. The WPA-Lancet PsychiatryCommission on the Future of Psychiatry http://www.thelancet.com/commissions/future-of-psychiatry.  The Lancet Psychiatry 2017; 4: 10
  3. Norman Sartorius. More than one scenario exists for the future of psychiatry http://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(17)30361-9/fulltext . The Lancet Psychiatry 2017; 4: 10
  4. Sarah Carr. Renegotiating the contract http://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(17)30365-6/fulltext . The Lancet Psychiatry 2017; 4: 10
  5. Dara Mohammadi. Dinesh Bhugra: sunken hearts and attics of mind http://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(17)30357-7/fulltext . The Lancet Psychiatry 2017; 4: 10

Un commento

  •    Rispondi

    Lo psichiatra “sia capace di erogare le cure tenendo conto della componente biologica, psicologica, sociale e spirituale della persona”
    ma è preparato per la dimensione spirituale? credo proprio di no.

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